Luca Coser – dissolvenze

Luca Coser torna a Roma, questa volta non nelle vesti di docente (aveva insegnato per cinque anni all’Accademia di Belle Arti di Roma) ma da artista, prima per raccontarsi di fronte al pubblico de I Martedì Critici e poi, il giorno dopo, per inaugurare la mostra presso la Basile Contemporary, di cui, questo breve testo intende dare testimonianza.
Per spiegare la ricerca pittorica di Luca Coser vorrei partire proprio dal titolo della mostra: Dissolvenze. Che cos’è una dissolvenza?

Prendendo una definizione da un vocabolario qualunque si legge: “La dissolvenza è un’operazione che si esegue aprendo o chiudendo gradatamente l’otturatore della macchina da presa (in cinematografia anche con mezzi chimici direttamente sulla pellicola nel corso delle operazioni di sviluppo e stampa), mediante la quale si ottiene la graduale apparizione d. di o in apertura o sparizione d. di o in chiusura o assolvenza delle immagini sullo schermo cinematografico o televisivo”.

Luca Coser, di fatto, interviene sulla pellicola pittorica allo stesso modo di un operatore cinematografico, facendo apparire o scomparire le immagini nei suoi dipinti. Il risultato di questo tipo di operazione sono dei dipinti in cui la figura tende a svanire, a dissolversi appunto, e viceversa in altri, in cui dal fondo si fa strada un’immagine che pian piano emerge in superficie. Questo procedere dell’immagine da dentro a fuori e il suo contrario, crea delle attese nell’occhio dell’osservatore, costretto a mettere a fuoco continuamente il suo sguardo.
Una particolare école du regard dunque, quella messa a punto da Coser, che tende a stimolare le capacità visive dello spettatore nel tentativo di fargli cambiare prospettiva, visione sulle cose proposte.
Cose note perdono la loro consistenza per farsi astratte e all’opposto cose che non si riescono a cogliere ad uno primo sguardo si riescono a leggere dopo un’attenta osservazione. Prendiamo in esame ad esempio l’opera dal titolo “ Solo se ci avviciniamo all’opera e la osserviamo prestando molta attenzione si potrà intravedere una forma rossastra emergere dal fondo bianco della tela (un fuoco boschivo?). L’atmosfera è rarefatta, la figurazione è quasi ridotta all’osso e più che di fronte ad un’opera “figurativa” sembra di avere davanti un’opera totalmente astratta. Quella dell’opera in bilico tra astrazione e figurazione è, d’altro canto, una dimensione presente in quasi tutte le opere di Coser e, potremmo affermare, che costituisca una sua nota di riconoscimento. Proprio questa felice combinazione astratto figurativa genera in tutte le sue opere questa oscillazione percettiva in grado di sollecitare il pubblico ad entrare in contatto con la pittura, svelandone le varie stratificazioni, le infinite velature di cui è composta. E’ un lavoro legato certamente al sensibile, ad un’intimità che si percepisce anche dai colori utilizzati. Mai acuti o dissonanti ma pacati, silenziosi. La pittura di Coser non hai mai delle note squillanti ma pretende di essere guardata sottovoce. Quello di Coser è in definitiva un viaggio all’interno dell’epidermide della pittura: un modo per condividere con gli altri oltre le sue visioni del mondo anche i tanti misteri della pittura, il più antico medium inventato dall’uomo che molti vorrebbero sorpassato ma che invece proprio grazie ad artisti di qualità come lui, rimane sempre vivo ed attuale.

Alberto Dambruoso